giovedì 31 luglio 2008

Dario Fo cerca ascolto

Pubblicato il 25 luglio su L'Occidentale www.loccidentale.it
Roma 25 luglio 2008 alle ore 10,59 grazie a un stringato comunicato Ansa veniamo a sapere che “Dario Fo, mette in scena il lodo e il nano gigante”. Chi sia il nano non è difficile intuirlo e d'altronde lo dice lui stesso “Silvio Berlusconi, nessuno mi può giudicare”. E in una conversazione con l’imparziale Unità, Dario Fo completa: “Come si usava una volta, il pubblico è coinvolto, comparse a volontà, ne vedremo delle belle, anche sessualmente in teatro, teatro di piazza, teatro di strada, teatro con sessantamilioni di posti”. Ecco cosa succede quando un Nobel per farsi ascoltare è costretto a inseguire la Guzzanti anche lei a corto di audience.
Ferruccio Formentini

martedì 29 luglio 2008

Qualche idea sulle morti bianche in tempo di esodo

Pubblicato il 17 luglio 2008 su L’Occidentale www.loccidentale.it
Qualche idea sulle morti bianche in tempi di esodo.
Lo dice l’Inail, è incredibile gli incidenti sul lavoro calano ma i media quando danno la triste notizia di uno o più morti bianche tendono sovente ad addebitare la disgrazia principalmente all’ipotetica sete di guadagno o alla voglia di risparmiare degli imprenditori, anche quando gli stessi restano uccisi dalla propria generosa imprudenza. Questo pensiero unico, ripescato dagli slogan in gran voga tra i ’60 e i ‘70, tende ad incolpare solo “l’ingordo padrone” ma non aiuta a far diminuire i troppi infortuni sul luogo di lavoro.
Caschi, occhiali, guanti, giacconi, stivali, cinture di sicurezza, imbracature sono una garanzia contro gli infortuni, soprattutto per le mansioni pericolose, ma sono anche scomodi, ingombranti, e quando devono essere indossati per ore e ore diventano perfino fastidiosi. Bombole antincendio, idranti, sistemi di pronto soccorso, carichi di tensione sulle linee elettriche andrebbero naturalmente tenuti sotto controllo ma se per anni e anni non è mai accaduto nulla di serio e pericoloso è inevitabile, cala la tensione e l’allerta. Sistemi d’accensione di sicurezza costringono l’operaio ad avviare la macchina utensile servendosi contemporaneamente di entrambe le mani così come delle speciali guide, se lasciate al proprio posto, dovrebbero impedire che le stesse finiscano imprigionate e maciullate da qualche sega, ago, ingranaggio, ma dopo lustri dove tutto ha funzionato alla perfezione capita che l’assuefazione e l’abilità lascino il campo alla non curanza. C’è un angelo della morte acquattato a fianco dei sistemi di prevenzione che agisce con subdola malignità in danno dell’operatore e si chiama superficialità, eccesso di confidenza e perfino di perizia, affaticamento e altri trabocchetti psicofisici che ogni essere umano si porta dentro convinto di riuscire a dominarli in ogni circostanza.
Quotidiani e tv farebbero un migliore servizio alla prevenzione se, mentre sollecitano controlli sempre più severi, spiegassero che i primi a doversi preoccupare per la propria incolumità sul lavoro sono in assoluto i lavoratori, anche perché loro pagano di persona e quando diventano invalidi o muoiono non gli fa così tanta differenza sapere di chi è la colpa.
Proviamo a lavorare d’immaginazione e per assurdo domandiamoci quale potrebbero essere le conseguenze se il libretto di lavoro venisse dotato di punti proprio come la patente di guida, dove si perdono se si è colti al volante con il telefonino acceso o non si allaccia la cintura, e ne vengono persi altri ancora quando si brucia il rosso o i limiti di velocità. Fino alla sospensione, se non addirittura dover rifare gli esami di abilitazione, quando viene consumato il patrimonio punti in dotazione.
E’ evidente, come succede sulle strade, che un sistema di controllo anche coercitivo eleverebbe di molto il livello di attenzione per le norme di salvaguardia della propria incolumità se adottato anche nelle aziende. E’ certamente un deterrente quando sorpresi su un’impalcatura senza casco si perdono 5 punti, così come lo sarebbero i 15 tolti al lavavetri che volteggia saltando da un finestra all’altra al quinto piano senza imbracatura. Lavorare a una fresa senza occhiali potrebbe costarne 7 e a una sega elettrica senza guanti altrettanti, che diventerebbero 10 se è stata rimossa la guida di protezione. E quando i punti si sommano ai punti scatta la sospensione dal lavoro che naturalmente si riottene dopo un esame riabilitativo.
Non mancherebbero le obiezioni. Prima tra tutte, dietro a un lavoratore c’è sempre un famiglia.
E’ sacrosanto, ma chi lavora servendosi di un automezzo – dal rappresentante di commercio all’autista, dal camionista al conduttore di bus – già deve sottostare alla regola dei punti patente con tutte le conseguenze che gli derivano ogni qualvolta è sorpreso a non rispettare i regolamenti stradali. E nessuno se ne lamenta.
Ferruccio Formentini

giovedì 24 luglio 2008

Bossi non è il lupo cattivo.

C’è chi si è indignato per l’ultima sparata di Bossi. Esternazioni che non possono essere una sorpresa per chi è cresciuto, tra il dopoguerra e gli anni cinquanta, in zone come la Brianza, oggi terra molto cara alla Lega Nord. Già allora le conversazioni dei padri e de nonni erano infarcite di osservazioni piuttosto pepate nei confronti di Roma e dei romani ma anche dei meridionali in genere. Naturalmente per meridione veniva intesa tutta quella parte d’Italia appena fuori dai confini della Brianza tanto che perfino Milano, solo per trovarsi poco a sud di Monza, era considerata bastione di frontiera. Frasi come “dopo l’Abbazia di Chiaravalle - meravigliosa costruzione appena fuori il capoluogo di regione – incomincia l’Africa” era piuttosto corrente, quasi un intercalare. Quando un pedone camminava nella sede stradale piuttosto che sul marciapiede correva il rischio di essere redarguito con osservazioni del tipo “qui non siamo a Roma” o peggio semplicemente “romano!!!” inteso come un insultante rimprovero. I meridionali buoni erano quelli che si erano trasferiti al nord perché dimostravano così di aver voglia di lavorare, e poi erano disponibili a fare i lavori più faticosi. Tutti gli altri “terroni” e basta, anche perché gli “immigrati” erano ancora soprattutto i veneti, grandi lavoratori e che vivano per lo più nella “coree” ai margini delle cittadine. La strofetta ”schiava di Roma” dell’inno nazionale, per la verità a quei tempi quasi sconosciuto, era tuttavia già oggetto di pesanti ironie e salaci battute. Dietro a tutto questo e molto altro, non si nascondeva però un sentimento separatistico nei confronti della nazione e neppure un vero rifiuto per altre regioni e i suoi abitanti ma semmai solo un inconsapevole ma esasperato attaccamento al campanile, spesso esteso anche ai confinanti “ostrogoti” della bergamasca e ai “bosini” del varessotto. Non a caso quando la squadra di calcio della brianzola Seregno incontrava quella del Legnano situato ai margini ma fuori dalla Brianza, entrambe militante allora in serie B, volavano botte da orbi. Poi l’automobile e la conquistata libertà di movimento prima e la televisione poi hanno “globalizzato” l’Italia ma mai assopito del tutto questi sentimenti, per altro presenti sotto forme diverse in quasi tutte le regioni d’Italia. Umberto Bossi, il senatur, nel suo peregrinare in queste terre del nord predicando il suo “credo” ma evidentemente ascoltando anche molto quello che ripeteva da sempre la gente comune, ha avuto l’abilità di rivisitare dando una dignità politica a quello che nei fatti era sempre stato solo un modo di dire e non di pensare. E’ un errore drammatizzare le sue battute che sono, direbbe un brianzolo, “vecchie come il cucco” e non hanno mai fatto male a nessuno.

lunedì 21 luglio 2008

Vuoti di memoria

Nel PD sono ricorrenti i vuoti di memoria che non facilitano il dialogo con la maggioranza. Neppure tanto tempo fa, quando Clementina Forleo a Milano provò a indagare sul coinvolgimento di D’Alema e Fassino in una scalata bancaria, chiedendo di utilizzare come prova alcune registrazioni telefoniche di cui peraltro erano già di pubblico dominio i contenuti assai espliciti, la magistratura non stette a pensarci su due volte. Dopo averla fatta passare praticamente per pazza proponendola anche per un trasferimento d’ufficio, le tolse di mano l’intero fascicolo e buona notte al secchio. Su quelle intercettazioni da allora è calato il silenzio. Quando da Reggio Calabria il pm De Magistris ha provato a coinvolgere Prodi, allora presidente del Consiglio, in una inchiesta pepata guarda caso non ha conosciuto sorte migliore. Evidentemente i magistrati che toccano personaggi del centro sinistra “muoiono” quasi fossero colpiti da scariche dell’alta tensione. Ora succede che D’Alema, qualche giorno fa alla Camera molto seriamente e a sentire lui anche con spirito amico, invita il Presidente del Consiglio a sottomettersi serenamente e fiducioso al giudizio della Gandus. Che secondo molti sarebbe decisa ad affibbiargli una condanna a sei anni in primo grado per costringerlo alle dimissioni subito, poi in appello si vedrà. Roba da non crederci ma forse “Baffino” ha fatto solo satira politica.
Chissà come mai ma è dal ’93 che i “cherubini” già comunisti, poi pidiessini, quindi diessini infine Democrats tout court mentre ricevono regolarmente consistenti aiutini da una parte della magistratura fingono di non vedere le trappole che la stessa innesca sistematicamente nei confronti del Cavaliere, dopo il massacro dei partiti democratici della prima Repubblica.
Sempre di fronte alla Camera, riunita al gran completo per discutere e votare il lodo Maccanico -Schifani e ora Alfano, dopo l’esibizione di D’Alema la Bindi ha addirittura provato a fare di meglio. Dapprima riconosce che in effetti esiste un grave problema nei rapporti tra magistratura e politica che dovrà essere assolutamente affrontato, ma non ora. Poi ricorda che il governo, di cui lei stessa faceva parte, è caduto senza fare tante storie quando venne messo in crisi dagli attacchi della magistratura, rivelatisi infondati, al ministro Mastella e Signora. Quindi suggerisce alla maggioranza di rinunciare allo scudo per le più alte cariche istituzionali invitandola a piegarsi serenamente alla medesima sorte toccato al governo Prodi, quando la Gandus molto probabilmente condannerà il presidente del Consiglio. Già! Dimentica di dire però che il primo esecutivo Berlusconi era caduto nel ’94 in seguito all’aggressione plateale che vedeva schierati all’unisono magistratura – Corriere della Sera – Presidente della Repubblica. Accuse poi rivelatesi senza alcun fondamento. Domanda: visto che questi giochini per fare cadere i governi durano dal ’93, D’Alema, Bindi ma anche Veltroni, Francescini e Scalari pensano veramente che un paese possa andare avanti così, o piuttosto la priorità per loro è solo togliere di mezzo il Cavaliere con qualsiasi mezzo?
Ferruccio Formentini

martedì 15 luglio 2008

Più Tonino strilla e più cresce il consenso per il Cav

pubblicato il 9 luglio 2008 su www.l'occidentale.it
Tonino non si è accorto che così fa aumentare l’apprezzamento per il Cav.

Quando il ministro Bossi, con la sua saggezza decisamente ruspante, esorta il presidente del Consiglio ad usare maggior prudenza al telefono sennò rischia di apparire “un po’ coglione”, non è che dica cose poco condivise da gran parte dell’elettorato di destra, centro e sinistra.
In un paese dove un discreto numero di magistrati passa il proprio tempo a guardare dai buchi della serratura e origliare alla ricerca di materiale da gettare nel ventilatore del guano tanto apprezzato dai giornalisti e perfino dai politici, una buona dose di diffidenza è d’obbligo per chiunque abbia le caratteristiche necessarie per essere sbattuto sulle pagine di un quotidiano e già che ci siamo anche in un’aula di tribunale. Che il Cavaliere abbia una entusiastica e sana ammirazione per le giovani donne, lo ha confermato perfino al G8 di Toyako non riuscendo a trattenere baci e baci e ancora baci lanciati all’indirizzo di una gentile scolaresca che applaudiva gioiosamente i potenti della terra. Chissà, ci sarà perfino qualche codino nazionale che troverà il modo di bacchettare un gesto tanto spontaneo, carino quanto innocuo.
Finora gli attacchi piuttosto beceri del Tonino nazionale – bravissimo nell’imitazione del colonnello Tejero quando irrompe nella Cortes spagnola - e il suo tentativo di fare apparire il governo come un luogo di perdizione a luci rosse abitato da sciocchi, hanno promosso la crescita dei sondaggi sempre più favorevoli per Berlusconi. Tra coloro che hanno seguito il polverone pruriginoso sollevato dai media, molti si saranno domandati che disastri avrebbero ricavato se le proprie telefonate extraconiugali un po’ osé fossero registrate e ascoltate durante le riunioni di condominio, le assemblee sindacali d’azienda o semplicemente nel bel mezzo del cenone di Natale.
Berlusconi è accusato di controllare l’informazione non solo dalla nota stampa di Bush ma soprattutto dal nuovo capo dell’opposizione, il leader dell’IdV . Sarà!
Lunedì sera la Rai, servizio pubblico, attraverso il suo tg1 ha dato largo spazio al deputato Di Pietro che, mentre lanciava uno spottone della sua manifestazione di martedì contro il Presidente del Consiglio, coglieva l’occasione per accusare più volte lo stesso di svariate nefandezze, il tutto senza alcun cotradittorio o almeno qualche larvato invito alla moderazione.
Beh se è questo il modo di controllare i media diciamolo serenamente Prodi sapeva fare di meglio.
Infine una osservazione doverosa. Rainews 24 ha trasmesso in diretta la manifestazione dipietrista dove i soliti giustizialisti di sempre hanno parlato molto di manette, della loro sconfinata nostalgia per il governo Prodi e distribuiti insulti a tutti. Stranamente la telecamera ha inquadrato esclusivamente gli oratori sul palco. Forse perché gli applausi che i girotondini manettari levavano in Piazza Navona erano meno efficaci degli abilissimi sbandieratori comunisti capaci di oscurare dal video chi disapprovavano? In conclusione: demagogia, rancore e populismo a gogò.
Ferruccio Formentini





lunedì 14 luglio 2008

Al G8 l'ambiente si è fermato

Il G8 ha dato al mondo un tempo di poco inferiore al mezzo secolo per ridurre del 50% le emissioni di gas nocivi nell’atmosfera. Un risultato senz’altro positivo ed efficace ma che una volta attuato procurerebbe sollievo solo a meno di un terzo dell’attuale popolazione terrestre vivente, nel migliore dei casi. Un’ottima cosa ma buona per i nostri pronipoti, insomma un nobile investimento sul loro futuro. Ma l’India e la Cina, due tra i paesi industriali maggiormente inquinatori, non ci stanno e si tirano indietro dicendo che il raggiungimento di simili obiettivi dipende “da tecnologie economiche, nuove, innovative e più avanzate” senza però stabilire alcun riferimento temporale alla pur lontanissima data proposta. Come non detto. Di fatto per ora si tirerà avanti più o meno così com’è.
Chi scrive non è tra coloro che imputano i cambiamenti climatici e il riscaldamento terrestre solo alla colpa dell’uomo. La terra ha sempre deciso e fatto senza mai chiedere il nostro parere. Quando i romani misero piede in Inghilterra trovarono che il clima era sufficientemente dolce e adatto alla coltivazione della vite. I vichinghi scoperta la terra ad occidente dell’Islanda la chiamarono Groenlandia, ovvero verde terra e non sarà stato per un caso di daltonismo acuto. Annibale attraversò le Alpi con gli elefanti e neve e ghiacci non furono d’impedimento, invece tutti i romanzi scritti tra il 1600 e il 1700 raccontano di laghi e fiumi ghiacciati durante l’inverno. Nel medioevo la temperatura media era piuttosto elevata come confermano scritti e dipinti. I mammut che vivevano felici durante un periodo di glaciazione scomparvero per colpa del caldo che colpì mortalmente probabilmente anche il nostro sfortunato cugino di Neardenthal. Senza tirare in ballo le grandi glaciazioni e disgeli preistorici si può serenamente affermare che il caldo e il freddo si sono sempre alternati anche quando l’inquinamento provocato dall’uomo era insignificante.
In attesa dei tempi venturi quando “la cooperazione tecnologica procederà a trasferimenti di conoscenze avanzate” come chiedono, oltre alla Cina e l’India, anche Brasile, Messico, Sud Africa, Indonesia, Corea del Sud e Australia, che forse riconsegneranno ai nostri discendenti cieli puliti potremmo da subito mettere in campo la nostra buona volontà senza per questo stravolgere la qualità della nostra vita.
Premesso che l’uomo non è mai vissuto così a lungo e in salute da quando è immerso nell’inquinamento causato soprattutto dalle conquiste della scienza e della tecnologia, sarebbe quindi saggio non farsi prendere la mano e finire per imbrigliare queste ultime nel nome dell’aria pura ottenendo in contropartita magari il risultato di accorciare a tutti quanti vita e salute.
Detto questo, nel frattempo si potrebbe, diciamo “alla buona e fai da te”, ottenere un notevole abbattimento delle emissioni nocive usando tutti quanti mezzi di trasporto urbani come le bicicletta e i piccoli veicoli elettrici, ma perchè questo succeda servono piste stradali e posteggi riservati; poi sarebbe buona cosa ridurre notevolmente il consumo di carne e latte, è accertato che le flatulenze dei bovini produco una discreta dose di emissioni inquinanti; e non sarebbe neppure male incentivare e agevolare seriamente e non solo a parole, l’uso di pannelli solari per le case private e l’utilizzo lampadine a basso consumo. Infine un utile e semplice suggerimento: fare meno figli, siamo troppi e per di più maleducati.
Per il resto chi vivrà ancora nel 2050 vedrà.
Ferruccio Formentini

martedì 8 luglio 2008

Il Napolitano equidistante ha spiazzato la sinistra.

pubblicato il 4 luglio 2008 su www.loccidentale.it
Il Napolitano equidistante ha spiazzato la sinistra.
Giorgio Napolitano, già migliorista comunista e oggi Presidente della Repubblica, ha vissuto una lunghissima carriera venendo da tutti descritto come uno dei politici più elegante, anzi forse in assoluto il più discreto, signore, colto, preparato e via adulandolo.
Nessuno lo ha mai etichettato però come un uomo talmente coraggioso da essere pronto, se fosse stato necessario, a gettare il proprio cuore oltre l’ostacolo. D'altronde non sono mancati i precedenti che hanno contribuito a confermare questa lacuna.
Ad esempio quando l’Unione Sovietica invase l’Ungheria, in rivolta contro la dittatura comunista, si schierò immediatamente dalla parte della prima anche se come “migliorista” avrebbe dovuto essere più vicino alle libertà occidentali. Più tardi quando esplose Mani Pulite, con tutti i suoi drammi, assistette all’annientamento del PSI senza proferire verbo, anche se con questo partito avrebbe dovuto avere più di una vicinanza riformatrice. Naturalmente non si tratta di una colpa e poi non è obbligatorio essere un “cuor di leone” che sovente è solo fonte di guai. Tuttavia qualcuno avrebbe finito per affibbiargli volentieri il nomignolo di “coniglio mannaro” se non fosse già un’esclusiva di un famoso democristiano.
Chissà, forse anche questo suo prudente e conformista agire deve avere convinto i giustizialisti, sempre numerosi tra i diessini e nelle sinistre radicali, che da Presidente della Repubblica, qualora non avesse emulato l’irripetibile Scalfaro, sicuramente non avrebbe fatto rimpiangere Ciampi. E all’inizio pareva proprio così anche perchè come diceva un certo don Abbondio “se uno il coraggio non ce l’ha, nessuno glielo può dare”. Sorpresa! Passa un giorno, passa l’altro ed ecco Napolitano cominciare a denunciare alcune vistose lacune della vita politica e istituzionale del Paese non guardando però strabicamente solo nel campo del centro destra. Quindi a seguire un crescendo fino a non lesinare rimproveri perfino alla “sacra” magistratura.
Senza entrare nel merito delle sue dichiarazioni bisogna comunque riconoscere che ha “tirato fuori gli attributi” nascosti sotto modi garbati e rispettosi, che nessuno avrebbe mai immaginato sul suo conto. Insomma improvvisamente c’è nella sinistra chi teme che al Quirinale si sia subdolamente insediato un Presidente equidistante dagli schieramenti e teso a giudicare obiettivamente le leggi e le riforme necessarie per la normalizzazione di un paese ancora in preda alle fibrillazioni scaturite dal “golpe” del ’92-’94.
In questo strano paese, un Presidente della Repubblica imparziale è un grave e insolito sconcio tanto che ora c’è chi non solo pensa ma si prepara a manifestare contro di lui.
Ferruccio Formentini

venerdì 4 luglio 2008

Disastro napoletano

Pubblicato il 2 luglio su www.loccidentale.it
Ma i napoletani sanno che opporsi a chi vuole ripulire la città non serve?
di Ferruccio Formentini
Più che inquietare stupisce la pervicacia con la quale molti campani si oppongono a coloro che tentano di ripulire le loro città. Visti dal di fuori fanno, come si usa dire, cascare le braccia. Le strade ingombre da molti mesi di rifiuti ormai in avanzata decomposizione, il rischio sempre più reale di un’epidemia, sorci e pantegane che ruzzolano davanti agli ingressi delle abitazioni, falò che distribuiscono diossina sotto le finestre di casa, attività commerciali e turistiche in picchiata e molto altro ancora, sembrano non infastidire una parte di questa agitatissima cittadinanza. Viene da chiedersi: vuoi vedere che si sono affezionati a questo sconcio? Le televisioni sparano nelle nostre case immagini che mostrano una popolazione più occupata a protestare e mettere bastoni tra le ruote di chi tenta, tra mille difficoltà, di trovare una soluzione a questa catastrofe, piuttosto che contestare chi ha permesso di precipitare verso questo punto di non ritorno. Ciliegine sulla torta sono arrivate anche le bombe, certo artigianali, che fortunatamente non hanno provocato feriti e solo danni lievissimi, tuttavia trattasi pur sempre di bombe che qualcuno ha confezionato e poi lanciato.
Naturalmente per molti dietro a tutto questo c’è la “camorra” che, diciamoci la verità, a Napoli e zone limitrofe se non esistesse, l’avrebbero comunque inventata se non altro per avere qualcuno da indicare come responsabile dei numerosi insuccessi delle amministrazioni locali.
La “camorra”? Ebbene si! Sicuramente avrà avuto il suo bel da fare fino a qualche mese fa per tentare di bloccare gli interventi che il governo Prodi non sembrava in grado di organizzare per affrontare seriamente la situazione e mantenere così lo status quo.
Ma ora c’è un governo che non ha alternative: o risolve il problema rifiuti o la “monnezza” l’affonderà. E affronta la sfida con energia, competenza, aggressività, profusione di mezzi anche economici e che tenta di ottenere entro un mese un discreto se non ottimo risultato come ha assicurato Berlusconi.
Dopo questa gigantesca sciagura provocata da innocui rifiuti domestici ma che hanno svelato le malefatte cammoristiche con i mefitici rifiuti industriali gettati in terreni abusivi, difficile, se non impossibile, per chiunque illudersi di un ritorno al passato, anche per la “camorra” che non può non saperlo.
La via della raccolta differenziata, del riciclaggio, dei termovalorizzatori e dell’avvio alle discariche solo del materiale non trattabile è un percorso senza alternative che passa obbligatoriamente attraverso la momentanea riattivazione di un certo numero di siti da usare come immondezzai per normalizzare la situazione.
Questo è un fatto. E allora c’è da chiedersi che interesse può avere la “camorra” - che è un’organizzazione criminale economicamente ricchissima e molto attenta ai buoni affari - fare all’inevitabile risanamento un’opposizione costosa e ormai di retroguardia. Semmai il suo tradizionale sistema operativo la spingerebbe ad accantonare l’attività criminale non più lucrosa per infilarsi subdolamente nei gangli delle nuove e remunerative tecnologie che stanno avanzando.
Ma se questa analisi regge bisognerebbe allora anche provare a rispondere ad un’altra domanda: chi gufa contro Bertolaso e questo Governo al punto da desiderare l’andata in scena del “disastro napoletano”?