venerdì 30 marzo 2012

Non si può morire per la crisi.

Non passa settimana senza che non si aggiungono suicidi a quelli già avvenuti nelle settimane scorse. La causa? La crisi economica e finanziaria che sta falcidiando le piccole aziende e getta nella disperazione gli imprenditori ma anche i lavoratori. Una delle cause è senz’altro la contrazione eccesiva degli ordinativi che mettono le aziende in ginocchio, tuttavia determinate resta la scomparsa della liquidità per far fronte ai debiti e la difficoltà, se non l’impossibilità, nell’incassare i crediti pregressi. Se a tutto questo si aggiunge l’atteggiamento delle banche che, non soddisfatte di chiudere il rubinetto del credito, chiedono l’immediato rientro dai fidi concessi, sovente comunque garantiti da ipoteche e fideussioni. Quando un piccolo imprenditore dopo aver visto la propria attività rallentare e rischiare di spegnersi, aver impegnato e venduto i beni propri e spesso dei famigliari e parenti per provare a galleggiare in attesa di tempi migliori, scopre di trovare ogni porta sbarrata e di non aver altra via di uscita che arrendersi e farla finita. E allora c’è chi pensa di farlo attraverso la propria morte piuttosto che assistere a quella della azienda a cui aveva dedicato con passione una parte della propria vita. Perché sorprendersi? Chiediamoci piuttosto cosa ci stanno a fare le banche se i finanziamenti li offrono solo quando tutto va bene.

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