martedì 3 giugno 2008

Il porto di Pantelleria e l'infinita tela di Penelope

Porto: se due secoli e mezzo vi paiono pochi
di Ferruccio Formentini

“C’è l’urgente necessità di edificare il porto di Pantelleria o meglio di sistemarlo in modo funzionale poiché già esiste. Lo si è più volte detto ma tocca rilevare ancora una volta in maniera forte l’improrogabile necessità pubblica e privata, politica ed economica, per lo Stato e per il commercio di potere usufruire del servizio di un porto efficiente. L’attuale porto non è in alcun modo in grado di dare protezione quando il mare è in tempesta o solo agitato, e l’Isola ne subisce le negative conseguenza poiché se le navi non possono approdarvi anche i traffici svaniscono e con essi i ricavi per l’assistenza nautica e l’indotto commerciale che potrebbe nascere in seguito alla sosta più o meno prolungata di imbarcazione medie e grandi da crociera. Poiché il porto non è in alcun modo sicuro la flotta navale dell’isola è composta esclusivamente da barchette, e barche che possono essere facilmente ricoverate, in caso di necessità, a terra ma mancano le grandi imbarcazione che, costrette dalla loro stazza, devono rimanere costantemente in acqua e quindi rischiano di subire danni importanti durante le tempeste. E a causa di questa situazione perfino la marina militare non può utilizzarlo come base per le navi che pattugliano in questo tratto di mare. Questo è lo stato dell’arte, anche se il tentativo, mai portato a termine, di migliorarne le condizioni ha rappresentato per lo Stato un notevole esborso di denaro del tutto sproporzionato ai scarsissimi risultati.”
Queste considerazioni sul porto di Pantelleria risalgono addirittura al 1767 e sono di Carlo Antonio Broggia, valente economista napoletano esiliato dal Re borbone per qualche tempo nell’isola per averne criticato l’operato. Eppure sono valutazioni non troppo diverse da quelli che si devono esprimere con rammarico ancora ai giorni nostri. Insomma pare di capire che per il nostro porto, non a caso ribattezzato “Tela di Penelope”, due secoli e mezzo sono trascorsi senza alcun risultato significativo e del tutto inutilmente. Anzi, tenuto conto della tecnologia e dei materiali a disposizione in questi ultimi cinquant’anni, si può perfino dire che sono stati fatti addirittura vergognosi passi indietro. Infatti la relazione che il Broggia aveva inviato al Re per convincerlo a fare eseguire lavori, in grado di migliorare la situazione del porto di Pantelleria, prevedeva molto modestamente l’utilizzo di pietre dell’isola e la forza lavoro dei coatti.
Per affrontare la situazione incancrenita da qualche mese è stata imboccata la via del “commissariamento” del porto affidando il delicato incarico al Sindaco Salvatore Gabriele. Il ricorso a “commissari” più o meno straordinari è una moda in vigore in Italia da qualche anno per tentare di risolvere magagne troppo ingarbugliate. Purtroppo non sempre i risultati sono confortanti. In proposito basta ricordare la quantità di “commissari” che si sono susseguiti nel tentativo di risolvere il problema dei rifiuti campani: un disastro sotto gli occhi di tutti.
Vogliamo però scommettere in positivo e ci attendiamo che da noi le cose possano andare invece per il meglio e alla fine avremo un porto degno di questo nome. In fiduciosa attesa ma consapevoli di quanto il compito sia arduo e zeppo di lacci e laccioli difficili da districare, incrociamo scaramanticamente le dita.
Ferruccio Formentini

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